Grazie ancora agli oltre 100 Colleghi Avvocati e Consulenti IP, oltre ad alcuni Legali d’Azienda, che ieri pomeriggio presso la prestigiosa Sala Rossini dello storico Caffe Pedrocchi in Padova hanno partecipato al convegno “Il Commercio Virtuale: vantaggi e limiti nello sfruttamento degli IPrights”, organizzato e tenuto, sotto l’egida di AIPPI, dagli Studi GLP (Avv. Davide Petraz), Dentons (Avv. Giovanni Casucci), GR Legal (Avv. Luca Giove), SFP (Avv. Sergio Francini), Ufficio Veneto Brevetti (Dott. Alessandro Benettin) e Cervato Law & Business (Avv. Piergiovanni Cervato), con la partecipazione del Dott. Silvio Zanarello dell’agenzia di digital marketing WMR Studio Cappello.
Gli argomenti discussi hanno affrontato da vari angoli prospettici gli ultimi indirizzi in tema di distribuzione selettiva online, strategie di registrazione per il web, strumenti di tutela giudiziale ed extragiudiziale, tecniche di digital marketing, responsabilità online di concorrenti, intermediari e prestatori di servizi.
In particolare, per Cervato Law & Business abbiamo commentato lo stato dell’arte giuridico degli Internet Service Provider e dei relativi regimi di esenzione di responsabilità, così come delineati dalle recenti sentenze della Corte di Cassazione 7708/2019 e 7709/2019, soprattutto in relazione all’applicazione dell’esaurimento comunitario ed al fenomeno delle importazioni parallele.
La sentenza 7708/2019 della Suprema Corte ha infatti riaffermato la distinzione degli hosting provider tra attivi e passivi, portando dunque a quattro le figure di provider internet, che invece la direttiva 2000/31/CE ed il D.Lgs. 70/2003 (per l’Italia) limitano a tre:
mere conduit (art. 14 D.Lgs. 70/2003 e 12 Dir. 31/2000/CE),
caching provider (art. 15 D.Lgs. 70/2003 e 13 Dir. 31/2000/CE),
hosting provider (art. 16 D.Lgs. 70/2003 e 14 Dir. 31/2000/CE).
La Cassazione ha infatti riaffermato che non possono godere del regime di esenzione di responsabilità di cui alla Direttiva comunitaria, essendo esclusi dalla relativa disciplina, gli hosting provider attivi, ossia i provider che non si limitano a svolgere un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo. Tali provider devono essere giudicati e possono essere ritenuti responsabili secondo i canoni ordinari.
Il regime di responsabilità limitata speciale, di cui alla Direttiva, riguarda dunque i soli hosting provider passivi, che risponderanno per non aver provveduto alla rimozione immediata dei contenuti illeciti, purché ricorrano congiuntamente tre condizioni:
siano a conoscenza legale dell’illecito, per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso (notice and take down) o in altro modo;
l’illiceità sia ragionevolmente constatabile sulla base di un criterio di colpa grave da determinarsi alla luce del grado di diligenza dell’operatore professionale in un determinato momento storico;
abbiano la possibilità di attivarsi utilmente.
Con la pronuncia 7709/2019 la Cassazione ha invece ribadito che la responsabilità del caching provider sussiste unicamente in capo a quei prestatori di servizi che non abbiano provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, quando ciò sia stato intimato da un’autorità amministrativa o giurisdizionale.
Sia nella sentenza 7708/2019, che in quella 7709/2019, la Cassazione ha comunque ribadito il principio cardine del sistema, per cui nessun provider è tenuto ad un obbligo generale di sorveglianza (art. 17 D.Lgs. 70/2003 e 15 Dir. 31/2000/CE).
Le due pronunce testimoniano come l’attuale configurazione giuridica del sistema di internet sia ancora in divenire, soprattutto in relazione al mondo IP dove le esigenze di privativa, canone fondamentale su cui si fonda l’Unione Europea quale punto di ancoraggio della tutela dell’innovazione, della crescita, del progresso e della civiltà comunitaria, si devono misurare con l’altrettanto fondamentale principio della libera concorrenza, che si esplica nei corollari della libera circolazione dei beni e dei servizi e nel divieto delle restrizioni di mercato.
© Avv. Piergiovanni Cervato
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