Con sentenze pubblicate il 22 settembre 2021 nei casi riuniti T-169/20 e T-173/20, il Tribunale di Primo Grado dell'Unione Europea (General Court) ha accolto le ragioni difensive sostenute da Cervato Law & Business, con il managing partner Avv. Piergiovanni Cervato, in adesione a quelle sostenute dall'EUIPO, in un contenzioso comunitario di proprietà industriale afferente due storici e notori marchi della moda.
Le sentenze comunitarie hanno espresso il principio secondo cui l'EUIPO, nella tenuta del proprio "pubblico registro", "deve, a tale titolo, prendere diligentemente in considerazione i fatti che possono avere implicazioni giuridiche sulle menzioni che egli inserisce in detto registro".
Tra questi fatti rientra anche la dichiarazione di fallimento in cui è incorso il titolare di marchi dell'Unione Europea: nel caso di specie, il fallimento di una società italiana.
Il combinato disposto della legge fallimentare italiana, applicabile anche a livello comunitario in forza del Regolamento (UE) 2015/848 e degli artt. 24 e 27 del Regolamento dei Marchi dell'Unione Europea (UE) 2017/1001 (RMUE), unitamente al suddetto principio, fanno sì che l'EUIPO non possa iscrivere nel registro, dopo la dichiarazione di fallimento, su istanza della sola parte cessionaria e senza l'autorizzazione degli organi fallimentari, un'asserita cessione di marchi. E ciò anche a prescindere dal tema della data certa dell'atto di cessione richiesto in iscrizione.
Per effetto di tali sentenze, risultano confermate le decisioni del Board of Appeal dell'EUIPO che avevano a loro volta ribadito la cancellazione delle iscrizioni di un'asserita cessione dei marchi che erano state eseguite in costanza di fallimento su richiesta della sola parte cessionaria, per errore evidente ai sensi dell'art. 103 RMUE.
Le sentenze pubblicate sono ad oggi impugnabili in Corte di Giustizia, nei limiti dell'attuale filtro di ammissibilità, ma l'eventuale impugnazione non ha effetto automaticamente sospensivo salvi gli articoli 278 e 279 del TFUE che prevedono che la Corte può, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato e può altresì ordinare i provvedimenti provvisori necessari.
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